Il tema che affrontiamo in questo articolo è piuttosto complesso, desidera farti capire cosa c’è dietro ad un lavoro in resina. Questo articolo ti aiuterà a fare anche dei confronti, magari tra i preventivi che hai tra le mani o comunque a far chiarezza su questa tematica, nel caso ti volessi approcciare tu stesso.
Partiamo da un primo presupposto fondamentale: in commercio troviamo resine di diverso tipo, la loro differenza dipende dal loro uso. Poiché vengono utilizzate sia a pavimento che sui rivestimenti come docce, arredi (praticamente su quasi tutti i supporti) ogni resina si adatta ad un uso specifico.
Parliamo in questo articolo più specificatamente delle RESINE EPOSSIDICHE BICOMPONENTI che, in base all’additivazione, avranno un diverso uso: dal massetto epossidico, per cui serve una resina piuttosto grezza a basso costo, fino ad arrivare a resine ad alto spessore per la realizzazione di inglobamenti, utilizzate soprattutto per la creazione di tavoli, arredi e pavimentazioni.
Per un miglior approfondimento, puoi leggere il nostro articolo sulla preparazione del supporto in questo articolo.
Cosa significa BICOMPONENTE?
La resina è composta da:
– un componente A che è la resina vera e propria in forma liquida;
– un componente B che è l’indurente.
L’unione di questi due componenti creano un’unica molecola che, trascorso un determinato lasso di tempo – variabile a seconda della resina e dalle condizioni ambientali – si solidifica creando una superficie molto dura e resistente.
Abbiamo detto che ci sono diverse resine in commercio, ognuna ha le sue specifiche tecniche (ogni resina, ad esempio, ha un suo rapporto di miscelazione) ma, in linea generale, una cosa le accomuna tutte: la miscelazione.
Questa è la fase più importante perché indispensabile per ottenere un buon risultato finale.
La resina per essere pronta per l’uso, dovrà apparire uniforme e senza filamenti e si dovrà lasciarla riposare qualche minuto prima dell’utilizzo per far sì che le bolle che si sono formate – a causa dell’inglobamento di aria durante la miscelazione – possano sparire, tenendo sempre sotto controllo la temperatura del composto.
Quanto alla miscelazione e ai rapporti (se si sbaglia questa fase il lavoro è compromesso!) facciamo un esempio pratico per essere più chiare: se una resina ha un rapporto di miscelazione 100 a 40 significa che ci servirà 1 kg. di componente A e 400 gr. di componente B (indurente).
Poiché tale rapporto deve essere rigorosamente seguito, diventa indispensabile l’utilizzo di una bilancia professionale che misuri anche i grammi.
La proporzione non deve essere approssimativa ma sempre, assolutamente, precisa.
La miscelazione corretta dei componenti A+B, in base al rapporto indicato sulla confezione, e la miscelazione scrupolosa avviano un processo chimico che creerà un componente perfetto.
Poiché tale unione genera calore, occorre avere a portata di mano un termometro utile per tenere sotto controllo i gradi e il picco termico.
Ma cos’è il picco termico? E perché è importante la temperatura?
Partiamo dall’inizio. Per capire quanto tempo ho per utilizzare la resina prima che questa inizi ad indurirsi troppo devo capire che margine ho basandomi sui gradi, ovvero quanto calore sta producendo il processo chimico.
Va quindi tenuta sotto controllo la temperatura della resina. Ad esempio, se utilizziamo un prodotto che ha una temperatura di partenza a 20° potrò aspettare – prima dell’utilizzo f- ino a che la temperatura non superi i 30° circa (l’ideale è usarla a 20-26 °). Oltre questa soglia dei 30° diventerà inutilizzabile perché inizierà ad indurirsi molto velocemente e impiegherà solo pochi minuti per raggiungere temperature molto alte (oltre i 100° circa).
Imparare ad utilizzare un composto alla giusta temperatura è di fondamentale importanza per avere risultati sempre più performanti.
Quindi, il picco termico non è altro che quella temperatura da cui parte in maniera esponenziale la temperatura più alta. Ogni resina ha il suo picco termico ad una temperatura diversa: alcune sono più veloci altre più lente ma sono tutte assolutamente gestibili.
Passiamo ora al colore. Si può colorare?
La resina è generalmente trasparente ma possiamo colorarla. Meglio utilizzare paste coloranti pure per evitare eventuali difetti (indispensabili per i pavimenti).
La percentuale massima è del 5% di colorante ma è possibile utilizzarne anche solo lo 0.5%, questo creerà una resina trasparente con un bell’aspetto tridimensionale.
Le lavorazioni sono molteplici, una delle più utilizzate è quella fatta disegnando delle vere e proprie venature creando dei finti marmi, ma si possono fare anche movimenti circolari, utilizzare dell’alcool spruzzato sulla resina già versata ma ancora bagnata per creare aperture di colore molto piacevoli, inglobare tessuti, perline, sassolini, pigmenti metallici. Insomma, c’è da divertirsi.
Noi abbiamo provato l’effetto marmo utilizzando il materiale di Ambergreen e questo è il video tutorial che abbiamo realizzato.
Buona visione!